Origini della città
Si discute riguardo all’origine del nome “Andria”. Potrebbe rimandare ad un fondatore mitico ανηρ, ανδρός. Altra ipotesi è αντρον=grotta, con riferimento alla «zona grotte» che alcuni ritengono il primo nucleo della città (D’Urso e Ruotolo, il quale pensa anche a Sant’Andrea per l’origine del nome della città). Il mutamento fonetico della sonorizzazione della dentale sorda dopo la nasale-nt/-nd è un fenomeno dovuto alla pronuncia del greco in età tardo-antica. Le varianti della terminazione (Andre, Andrium-Andri, Andrum, Antri, Andren) dimostrano differente pronuncia del nome determinata dalla presenza di gruppi etnici allofoni nella nostra regione in qualità di invasori o dominatori (da P. Barbangelo, Andria nel Medioevo)
Un documento in cui si attesta il nome di Αντρον sono le Chronica di Giovanni Cinnamo, uno storico bizantino vissuto all’epoca di Manuele Comneno (1135-1176, probabilmente poiché la storia non va oltre quella data). Nel 1155 l’imperatore cercò di rioccupare l’Italia meridionale dai Normanni venendo però sconfitto dal re di Sicilia Guglielmo I. All’inizio della spedizione però ebbe grandi successi in Puglia e ad opporsi a lui era il duca di Andria, Riccardo di Limorges, che fu sconfitto e ucciso nei pressi di Trani. Giovanni Cinnamo partecipò alla spedizione in Italia e dunque si basa su un metodo autoptico.
Il nome di Andria compare in una «carta» dell’Archivio del Capitolo metropolitano di Trani del 915, quando Andria doveva essere un «locus» dipendente da Trani.
I loci derivano dalle villae romane che si erano trasformate economicamente, dove i contadini erano legati alla terra ed erano diventati coloni. Diverse unità territoriali si sarebbero unite intorno ad un centro comune destinato all’abitazione dei coltivatori e delle loro famiglie. Gli abitati colonici furono chiamati loci o vici. La dominazione longobarda lasciò intatta l’istituzione del colonato.
Se per gli insediamenti anteriori alla città di Andria abbiamo considerato gli Itineraria di età romana, nel Medioevo il nome di Andria si trova in una carta del geografo Edrisi, il quale scrive «Di fronte a Barletta, lontana nove miglia dal mare, giace entro terra una città grande e popolata che addimandasi ‘andarah» (Andria).
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I Normanni
I Normanni giunsero in Puglia nel 1016 e, con gli insorti pugliesi, scacciarono i Bizantini, ma solo due anni dopo questi ultimi ripresero il potere. Nel 1042 i figli di Tancredi di Altavilla, Guglielmo, Dragone e Umfredo, sconfissero i Bizantini e Guglielmo divenne conte di Puglia. Nella divisione della Puglia in distretti, a Pietro, figlio minore di Tancredi, fu assegnato il distretto di Trani, da cui doveva dipendere intorno a quegli anni Andria in quanto “locus”.
Pietro, non potendo entrare a Trani occupata da Bizantini, si accampò nelle vicinanze e fortifica le città vicine, Andria, Barletta, Corato. Si può congetturare che Andria già nel 1059 era munita di mura perché Pietro l’aveva usata come difesa e luogo di rifugio. Morto Umfredo, gli succede Roberto, detto il Guiscardo, che assume la sovranità di Puglia, mentre la Calabria va a Ruggiero. Intanto Pietro, rifugiatosi a Melfi, suscita una rivolta contro Roberto, ma non riesce a sostenerne l’assalto e si rifugia ad Andria, dove subisce la sconfitta. Pietro muore nel 1063 e lascia due figli: Goffredo e Pietro II. Goffredo muore prematuramente e lascia il figlio Riccardo. Pietro II per il nipote Riccardo si ribella al Guiscardo, impegnato in Sicilia contro i Saraceni. Convocata un’assemblea dal Guiscardo, Pietro II si rifiuta di partecipare e prende possesso della città di Trani; allora il Guiscardo riprende il possesso della città pugliese costringendo Pietro II normanno a rifugiarsi nella città di Andria, che insieme a Corato resisteva ancora. Solo dopo la resa di Andria e Corato fu sedata la ribellione. Con la fine della ribellione i vassalli del Guiscardo furono graziati e Pietro II liberato, ma perse la città di Trani e mantenne la signoria del territorio della città con il titolo di conte di Andria, che divenne Contea nel 1073. Con la morte di Pietro II, Riccardo, dopo la perdita della contea di Taranto, ereditò la contea di Andria e con Riccardo cominciamo ad avere notizie sulla nostra cattedrale. Questo Riccardo appare in un’epigrafe, che sarebbe stata ritrovata nel 1779 (secondo il D’Urso) su una colonna della cattedrale di Andria, come marito della “comitessa” Emma. Morto Riccardo, gli successe Goffredo, poi passò a Riccardo II, dopo la cui morte Andria divenne “feudo regio”, probabilmente perché suo figlio Ruggero era ancora minorenne. Margherita di Navarra nel 1167 diede in feudo la contea di Andria a suo nipote Berteraimo finché Ruggero non la recuperò, in quanto diretto erede del conte Riccardo, perché era “de sanguine regio”. Il conte Ruggero fece parte di una delegazione che accompagnò il Papa per trattare la pace con i comuni lombardi e l’imperatore Federico I. Alla morte di Guglielmo la corona passa a Tancredi contro il quale si ribella Ruggero, conte di Andria, che fu ucciso in un’imboscata.
L’insediamento andriese, costituito da coloni provenienti dai «loci» dei dintorni, doveva essere verso la metà del XII sec. di alcune migliaia di abitanti.
Sembra che la struttura sociale del Mezzogiorno sia rimasta immutata durante la dominazione normanna. Ai vertici della società erano i grandi possidenti laici ed ecclesiastici, il cui potere economico era fondato sul possesso della terra. Nelle nostre città pugliesi l’esistenza di piccoli proprietari è dimostrata da atti di compravendita, donazione e permuta o da contratti di locazione e conduzione presenti nel fondo diplomatico della Puglia centro-settentrionale.
La maggior parte della popolazione era costituita da «minores», classe ampia in cui rientravano coloro che esercitavano la pastorizia e l’agricoltura, in qualità di coloni, braccianti, fittuari, oltre che gli artigiani. La classe media invece comprendeva medici, avvocati, maestri, grammatici. In età normanna non mancavano i mercanti, soprattutto nelle città costiere, ma i mercati interni erano fragili. Artigiani e mercanti ad Andria furono gli Ebrei, dei quali era ad Andria una modesta comunità stabilitasi a ridosso delle grotte di Sant’Andrea, dove ancora oggi troviamo via Giudea. La dominazione normanna si mostrò più liberale di quella bizantina nei confronti degli Ebrei.
I Normanni cinsero di mura la città e le abitazioni rientrarono nella cinta muraria, in un sistema viario tipico delle città medievali, ancora visibile nel borgo antico.
Sembra che le mura fossero rinforzate da torri e in esse si aprivano forse quattro torri, tra cui porta castello che doveva essere la più importante sotto l’aspetto difensivo. Le altre dovevano essere Porta Sant’Andrea, Porta la Barra. La quarta non sappiamo se fosse Porta Santa o Porta Nuova.
Le abitazioni dovevano essere modeste, per lo più a pian terreno con una corte o un «parco».
Sembra che al tempo dei Normanni esistesse un insediamento benedettino nei luoghi in cui sorgerà Castel del Monte, il convento di Santa Maria del Monte.
I Normanni mantennero il sistema di imposte unicamente indirette ereditato dalle precedenti dominazioni. La più importante imposta era il plateaticum (da platea, la strada, luogo dove si svolgevano i mercati). Nella Puglia centrale dai Longobardi deriva l’istituto del mortizzo, corrispondente al diritto dei principi di ereditare dagli uomini liberi che morivano senza eredi.
All’amministrazione bizantina si devono i titoli più diffusi in età normanna, come catapano.
In Puglia agli inizi della conquista normanna è attestato un atto ufficiale bizantino che conferisce ad un individuo privato il diritto di rendere giustizia in due villaggi, diversamente dalla pratica amministrativa normale. (J.M., La vita quotidiana nell’Italia meridionale ai tempi dei Normanni).
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Istituzione dell’episcopato
Riccardo è considerato il primo vescovo di Andria, ma il problema si pone per la datazione. Il D’Urso in un racconto della gloriosa vita del primo vescovo ne esalta le virtù e lo presenta come «eroe Anglicano», come prescelto dalla Provvidenza (lo definisce Campione della divina volontà) per portare pace, in un luogo afflitto da barbarie, quale si era ridotta l’Italia dopo l’impero di Costantino. Colloca la sua nascita sotto l’imperatore Valentiniano III e papa Leone I (Il Cielo, che lo avea tanto largamente doviziato di virtù, lo attendeva in altro Emisfero a battagliare a pro della sua fede). La sua missione gli è annunciata da una visione che lo invitava a partire per l’Italia. Si diresse, dunque, a Roma, dove il papa Gelasio I lo consacrò vescovo di Andria. (Correva allora l’anno della nostra comune riparazione 492).
Andria, finché non divenne civitas, era identificata come distretto arcipretale e rientrava nella giurisdizione episcopale di Trani. La chiesa arcipretale di Andria rientrava nella giurisdizione episcopale di Trani, come dimostrano documenti contenuti nella Chronica Monasterii Casinensis e nel Syllabus del Trinchera. Dalla trasformazione di Andria in città e contea normanna nel 1073, non abbiamo notizie di elevazione a sede episcopale. Secondo il Fonseca, (L’organizzazione ecclesiastica dell’Italia normanna tra l’XI e il XII sec. I nuovi assetti istituzionali), la politica di ristrutturazione di Urbano II delle istituzioni diocesane dell’Italia meridionale, alla fine dell’XI sec. volle che Andria, Bitetto, Bisceglie, Castellaneta e Mottola fossero erette a sedi vescovili: ipotesi non sorretta da documenti. In Kehr, Italia Pontificia (vol.IX,pag.307) si legge che Riccardo partecipò nel 1179 al Concilio Lateranense convocato da papa Alessandro III. Un’altra ipotesi non documentata è quella che la sede episcopale fu istituita ad Andria da papa Gelasio II. Si ammette l’esistenza di due vescovi, Desidio e Ilderico, rispettivamente nel 1104 e nel 1126, quando si trasferirono e rifugiarono ad Andria, ma queste notizie sono incerte. Abbiamo ipotesi circa la presenza di un vescovo Leone nel 1137 e Riccardo nel 1179, ma nessuna notizia è documentata. L’erezione di Andria a sede vescovile è fissata nel quarto decennio del XII secolo. Non è improbabile che dopo la vittoria di Ruggero su Goffredo e riduzione della contea a feudo regio, Clemente II abbia istituito la sede vescovile e vi abbia eletto a reggerla un ecclesiastico a lui fedele. Quando poi Leone, vescovo di Andria per investitura regia, consacrato dall’arcivescovo di Trani Ubaldo, ma non “confermato” dalla sede apostolica, morì, la sede vescovile di Andria rimase vacante. Nella bolla di Adriano IV vennero stabiliti nuovi confini della diocesi di Andria, retta dal vescovo Riccardo. Non è improbabile che Adriano IV, di origine inglese, abbia nominato un vescovo missionario proveniente dalla sua terra. Il Kehr e Giuseppe Ruotolo sostengono che questo vescovo inglese di Andria, l’unico di nome Riccardo, intervenne nel 1179 al concilio Lateranense, celebrato da papa Alessandro III e, su testimonianza dell’Ughelli, autore di “Italia sacra” lo mostrano ancora in vita nel 1196 quando “trasferì le reliquie dei Santi Erasmo e Ponziano nella Chiesa DI S. Bartolomeo”. Secondo la tradizione, Riccardo resse la diocesi di Andria per 40 anni e cercò di risanare i fenomeni di simonia e nicolaismo. Egli cercò di ricristianizzare il popolo andriese e fu proclamato santo. Dopo due secoli di venerazione per Riccardo, Francesco II del Balzo e il vescovo Dondei elevarono Riccardo a primo vescovo di Andria. Andria durante il pontificato del papa Adriano IV era sicuramente una sede vescovile documentata nella sua Bolla.
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