Evidenze archeologiche lasciano presupporre che ci sia stata frequentazione umana nel territorio andriese fin dal Neolitico.
Notizie di ritrovamenti presumibilmente di età classica si trovano già nella «Storia di Andria » di R. D’Urso, dove sono menzionate tombe venute alla luce in contrada San Lorenzo.
Frammenti di ceramica sono stati rinvenuti in diverse località, come Masseria Santa Tavella, non molto lontana dalle alture di Monte Faraone e Monte Santa Barbara.
Antonio Jatta scrive già nel 1905 del rinvenimento di una sepoltura di età eneolitica in territorio di Andria. Si tratta di sepoltura a forma di tumulo.
Una ricognizione effettuata da studiosi dell’Università di Bari ha individuato tombe a tumulo in località Masseria di Monsignore, a sud-ovest di Monte Santa Barbara, risalenti al periodo VIII-VI sec.a.C.
Provenendo da Ruvo, si incontra al 18° km, dopo l’incrocio con Castel del Monte, sulla sinistra l’altura di Monte Faraone (m.236 s.l.m.) e, poco più in avanti, si eleva Monte Santa Barbara (m. 262), uno dei siti in cui sono stati rinvenuti frammenti ceramici e tumuli.
A.Jatta nel 1914 dà notizia di una presenza sui fianchi della collina verso NE, N, NO di tombe a tumulo con una fossa centrale scoperchiata delimitata da lastre calcaree sui fianchi. A Est ha rilevato la presenza di una spianata ingombra di macerie.
La fotografia aerea aveva individuato sulla collina degli anelli murari, simili a quelli individuati a Monte Sannace presso Gioia del Colle.
Tra i primi documenti scritti che testimoniano insediamenti abitativi nel territorio di Andria troviamo gli itinerari: itineraria picta (guide stradali disegnate), come la Tabula Peutingeriana, e vari itineraria adnotata (guide stradali senza disegno): l’Itinerarium Burdigalense sive Hierosolymitanum, l’Itinerario dell’Anonimo Ravennate in Cosmographia, l’Itinerario di Ghidone in Geographica.
Studiosi più antichi hanno identificato il toponimo Netium che si legge nella Tabula Peutingeriana con il primo insediamento di Andria, altri lo identificano con Giovinazzo, data la posizione a sud di Turenum (Trani). Invece il toponimo Rudas, che si legge nell’itinerario, potrebbe indicare i ruderi di un insediamento. Vi sono rappresentate delle colline dalle quali nasce un fiume, oggi scomparso (Aveldium), parallelo all’Aufidus, che sfocia tra Turenum e Bardulas.
Strabone, geografo del I sec., indica due strade in zona, la via Appia, e un’altra, meno praticabile, percorribile con carri, (identificata poi con la via Minucia), che passava nel territorio dei Peuceti, per i Dauni, i Sanniti fino a Benevento e su cui l’antico geografo colloca Netium. I traduttori di Strabone, secondo una versione dei codici antichi, l’avevano identificata come «mulattiera».
Più recenti ricerche hanno identificato il percorso della via Traiana nei pressi di Monte Santa Barbara, su Monte Faraone. La rete viaria di notevole importanza, come dimostrano certi toponimi indicanti la presenza di stationes nella zona, la presenza di un fiume, poi scomparso, lascia ipotizzare la frequentazione umana della zona fin da età più remote. Altri rinvenimenti in contrade del territorio andriese rivelano l’esistenza di vici che avrebbero poi dato origine alla città. Giuliano Volpe in uno studio sull’insediamento paganico – vicano nell’Apulia tardoantica sostiene che lungo le antiche vie, presso le stazioni sorte in corrispondenza di pietre miliarie sorgevano veri e propri vici, e fa l’esempio di Rudas della Tabula Peutingeriana, come pure sulla via Traiana gli itinerari indicano la presenza di alcuni vici, che “verosimilmente sono stati abbandonati in età altomedievale…”
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